17 febbraio 2021
Dichiarazione di fiducia del Sen. Fantetti, Presidente del Gruppo EUROPEISTI – Maie – CD, nei confronti del governo presieduto dal Presidente del Consiglio Prof. Mario Draghi
Testo integrale della dichiarazione del Sen. Raffaele Fantetti
Grazie Presidente, colleghi,
Illustre prof. Draghi,
intervengo -per la prima volta in questa assemblea- come Presidente del neonato Gruppo “EUROPEISTI” (Maie – Centro Democratico) e sono lieto di confermarLe subito e ufficialmente quanto già espresso dalle nostre delegazioni nel corso delle consultazioni della scorsa settimana circa la fiducia al Suo governo, sulla base della precipua ispirazione europeista.
Non dunque sulla base di quanto Le si dice oggi da più parti ma, per quanto ci riguarda, sulla base di tutto quanto già detto fino ad oggi.
Circa quaranta anni fa io ed altri colleghi di questo Gruppo già partecipavamo con sincera passione alle attività del Movimento Federalista Europeo di Altiero Spinelli, protestando a Bruxelles contro il “gap democratico” delle istituzioni comunitarie o a Strasburgo per la mancanza di suffragio universale e diretto del Parlamento.
Ebbene, noi -nelle nostre vite professionali al di fuori dei palazzi (soprattutto come imprenditori, professionisti e docenti) e nell’attività politica che ci ha infine portato in parlamento- non abbiamo mai smesso di essere europeisti: spesso critici ma sempre ben coscienti della premialità di questa scelta. E ancora qualche settimana fa, in questa Assemblea, intervenivamo spiegando a numerosi colleghi “intellettualmente scettici” sul tema che, tanto per fare un esempio chiaro: senza la BCE non sarebbero stati possibili né i decreti Ristori, né il reddito di cittadinanza, nè la sostanziale tenuta dei conti dello Stato italiano!
Ecco perché, di fronte al cittadino italiano che ha così magistralmente diretto quella strategica componente della costruzione federalista europea -e ha salvato il valore e la denominazione della moneta che i cittadini dell’Eurozona hanno in tasca- non possiamo che ribadire la nostra gratitudine e fiducia, pur non senza denunciare e condividere pubblicamente alcune delle difficili sfide che La attendono nel nuovo ruolo di Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica. (Immagino che Lei abbia scelto il mercoledì delle ceneri per presentarsi qui proprio perché cosciente di questo!?!)
Secondo noi, Presidente e colleghi, l’Europa non è una scelta emozionale o fideistica bensì l’opzione più razionale ed opportuna che sia la nostra geografia che, soprattutto, la nostra storia ci detta. Basta un semplice ripasso, anche solo della storia contemporanea, per capirlo. Gli esiti tragici, sotto ogni punto di vista, delle politiche sovraniste ed iper-nazionaliste di alcuni movimenti politici devono sempre essere ribaditi e a chi finge di ignorarli suggerisco in questa aula di alzare la testa e rileggere la targa posta sopra alla Presidenza.
Ricordiamoci piuttosto che, nell’Unione Europea, il nostro Paese trova l’orizzonte politico e l’alveo istituzionale e normativo che ne garantisce l’ancoraggio ai valori della pace, della democrazia, dello stato di diritto e delle libertà fondamentali, nonché un protagonismo internazionale più incisivo.
A settant’anni dai Trattati di Roma, adesso che l’Unione Europea, in concomitanza con uno dei momenti più difficili per la storia comune europea determinata dall’emergenza pandemica e dalle sue ricadute economiche e sociali, ha scelto la lungimirante strada della solidarietà sentiamo ancor di più l’urgenza che a questa svolta storica corrisponda il nostro impegno politico chiaro a favore del progetto europeo.
Ecco perché Noi del Gruppo EUROPEISTI siamo convinti che le dinamiche tra la dimensione statuale e quella sovranazionale europea siano un argomento di cui la politica si deve riappropriare. Ma, al posto di un europeismo “facile” vogliamo dare sostanza politica ad un modello che passi per la consapevolezza che nulla in Europa viene fatto senza l’impegno ed anche le rinunce di ogni stato membro. E’ grazie a queste rinunce infatti che si rafforza un discorso comune, che va:
- dalla provvista comune sui mercati dei capitali “strappata” agli amici tedeschi nonostante i loro falchi della precedente ortodossia finanziaria,
- al rispetto della ripartizione democratica dei poteri dello Stato sollecitata agli amici un pò immemori polacchi ed ungheresi,
- dal riconoscimento dei diritti dei migranti condiviso da tutti gli Europei -gli amici di Malta, Cipro, Grecia, Francia e Spagna- che interagiscono con la nostra vitale sponda a Sud nel Mediterraneo (la cooperazione con la quale va ripresa e rafforzata molto),
- all’imposizione di un’equa tassazione delle imprese ed al controllo effettivo dei beni che entrano nello spazio doganale comune, da esigere anche negli uffici professionali e nei porti degli amici olandesi,
- dalla lotta all’evasione fiscale al contrasto delle truffe sui finanziamenti europei, in Italia.
Sulla spinta autorevolissima del Presidente Mattarella, la crisi politica in Italia ha richiamato all’impegno tutte quelle forze politiche che si riconoscono nei principi ispiratori di un’Europa più integrata e vicina ai cittadini. Noi ci auguriamo che tutte queste forze politiche siano ora sincere ed in futuro coerenti con questo approccio perché riteniamo che l’europeismo debba diventare una bussola per orientare l’azione di governo -in continuità con quello del prof. Conte- e per compiere le scelte cruciali per il futuro del nostro Paese, con serietà e senza tatticismi. Un europeismo solo formale o dettato dall’opportunismo politico non darebbe all’Italia le soluzioni di cui ha bisogno e si risolverebbe in una semplice copertura per divergenze e fratture tra le principali forze politiche.
Con il nuovo QFP ed il PRR la UE ha puntato 1.800 miliardi sulla ripresa, cui si sommano i fondi SURE, BEI, … per un totale di oltre 2400 miliardi di stimolo. Una manovra eccezionale nella quale moltissimo è stato puntato proprio sull’Italia.
Possiamo e dobbiamo quindi affermare che mai come ora, il successo o il fallimento di un Paese è cosi fondamentale per il successo del progetto europeo. Anche solo dal punto di vista quantitativo, l’Italia è destinata a fare la differenza. Ma il successo non sarà solo misurato con l’uscita dalla crisi e la ripresa economica ma attraverso la realizzazione del momento “hamiltoniano” (se vogliamo considerare acquisibile una vera e propria mutualizzazione del debito) o anche solo “deloriano” che stiamo vivendo e che potrà produrre una vera unione fiscale (e poi, conseguentemente, quella compiutamente politica) della UE.
È ora dunque che serve uscire dalla dimensione declaratoria e da una visione che fa dell’Europa una matrigna severa o un benefattore distante a seconda delle circostanze.
Se falliremo noi, fallirà il progetto di Unione europea perché nessuno punterà ancora soldi anche propri su questo percorso.
È tempo dunque per l’Italia di accettare le opportunità identificate dall’Europa per caratterizzare in meglio il proprio destino e farsi artefice di un processo di sviluppo, in linea con i propri requisiti nazionali. In questo serve -come Lei da economista ci insegna- chiarezza di analisi dei problemi, attraverso una loro visione d’insieme, e soprattutto risposte univoche su come gestirli permettendo agli individui ed alle imprese di anticipare tali scelte adottando i comportamenti più opportuni in relazione alle proprie esigenze.
L’obiettivo sanitario è ben chiaro e a gran voce è stato prioritariamente professato da tutti i componenti del nostro Gruppo in ogni dichiarazione sia pubblica (ancora oggi nella discussione generale) che riservata (nelle precedenti consultazioni): un cambio di passo organizzativo per vincere la pandemia ed al riguardo siamo molto confortati dal programma da Lei esposto.
L’obiettivo economico-sociale che questo Governo deve realizzare in modo concomitante è presto detto: una crescita annua del PIL di almeno il 2,5% cioè superiore al costo medio del debito per consentire di ridurlo ed assicurare alle prossime generazioni (Next Generation) livelli di benessere uguali o superiori a quelli che l’ingegno ed i sacrifici dei nostri predecessori hanno garantito a Noi.
Come detto, noi non siamo troppo grandi per fallire (too big to fail) ma abbastanza grandi per far fallire tutti. Presidente Draghi, in pochi anni, in Europa si è passati dal suo “whatever it takes” (a prescindere da cosa comporta) dell’espansione monetaria per superare la crisi finanziaria al “whatever it costs” (a prescindere da cosa costa) dell’eccezionale stimolo fiscale necessario per superare la crisi pandemica. Ha comportato un salto senza precedenti di 23 punti di PIL, ma era inevitabile. Altrettanto però si può immaginare di un ritorno prima o poi alla normalità.
Al riguardo, a noi del Gruppo EUROPEISTI non sfugge -come certamente a Lei- che prima o poi una pressione inflazionistica nella Eurozona farà aumentare i tassi di interesse: per quella data, non lontana, o il Suo governo avrà realizzato le riforme difficili ma necessarie (nella PA, nel Fisco, nella Giustizia, nella transizione digitale, ecc.) per far ripartire il Paese o le conseguenze saranno disastrose e probabilmente irrecuperabili.
Per Noi, la valutazione lucida delle nostre priorità di azione dovrà contemporaneamente sostanziare una nuova agenda europea ambiziosa, e allo stesso tempo porre le basi per il consolidamento delle nostre alleanze tradizionali -in primis come Lei ha ben ricordato, quella atlantica- con i paesi amici e all’interno delle famiglie politiche europee che lavorano per obiettivi comuni. In questo ambito, sono lieto di annunciare che già la prossima settimana il nostro “Gruppo EUROPEISTI” organizzerà qui in Senato un importante evento sul tema della “Conferenza sulla nuova Europa” per contribuire alla posizione italiana in questo strategico esercizio che vedrà finalmente l’avvio continentale il prossimo 9 maggio. È fondamentale che nello svolgimento dei lavori della Conferenza siano coinvolti i parlamenti nazionali e noi federalisti puntiamo ad un rafforzamento dei poteri del Parlamento Europeo ed al passaggio dall’attuale voto di unanimità̀ a quello a maggioranza semplice in seno al Consiglio, superando pertanto il potere di veto dei singoli Stati.
Dulcis in fundo prof. Draghi, la leadership che Lei, potrà esercitare ora in Europa come Premier italiano interviene in un momento di passaggio di quella che storicamente è stata svolta dal motore trainante franco-tedesco: a breve finirà l’era straordinaria della cancelliera Merkel ed anche in Francia si svolgeranno le nuove presidenziali. Con la credibilità che Lei ha già ampiamente conquistato -che segue temporalmente quella riacquisita al nostro governo attraverso la meritoria opera svolta negli ultimi anni dal prof. Conte- in Europa, finalmente, una leadership politica italiana è possibile (oltre che auspicabile).
Al riguardo, per favore, si ricordi sempre, prof. Draghi che Lei è il primo ministro del governo con il maggior numero di connazionali residenti in Europa (3,3 milioni di iscritti all’AIRE equivalgono al 55% del totale, anche se il dato è ampiamente sottostimato!).
Circa il 15% della popolazione italiana risiede all’estero (come ha fatto Lei per tanti anni) e guarda all’operato del suo Governo per una continuità delle politiche di attenzione alle loro esigenze. Noi in particolare, che rappresentiamo la metà degli eletti all’estero qui al Senato, puntiamo ancora con forza a dimostrare il valore aggiunto di questa potenziale risorsa.
Anche per questo, conti su di Noi tutti del Gruppo EUROPEISTI per il massimo supporto.
Buon lavoro, presidente Draghi!
Leave A Comment